Antonio Fares, insegnante elementare, scrive di un’esperienza toccante vissuta agli inizi della sua professione: la tormentata vita di Nazzareno lasciato in collegio all’età di nove anni.
Mon petit Jésus è la narrazione di un mancato rapporto tra madre e figlio il quale, all’improvvisa morte del padre, e perché troppo vivace a detta della madre, verrà affidato al collegio.
È il 2 ottobre del 1966.
Il piccolo Nazzareno vive l’evento come un abbandono e non volendo rassegnarsi a questo destino malevolo, fugge dall’istituto per ricongiungersi alla madre, la quale, sorpresa di vederlo anziché abbracciarlo lo riconduce in quel che per lui è un carcere. Vive questa esperienza come un tradimento rassegnandosi al male che senza madre non si può amare. Intanto, dall’altra parte del mondo, in una masseria, nasce Gaetano, che cresce amato e accolto, specialmente dal nonno. In quella stessa masseria viene alla luce Bellaco, un insicuro maremmano, che riscatta la propria vita scagliandosi contro la moto del figlio del padrone che sempre lo prendeva a calci.
E che dovesse finire così, era scritto nelle stelle le quali usano qualunque mezzo per tracciare il destino.
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